Finestre finte

Nel 1798 il Direttorio della neonata Repubblica Ligure dovette affrontare il dissesto finanziario nel quale si trovavano le Casse erariali.

A titolo esemplificativo, per il primo trimestre di quell'anno erano previste spese per un ammontare di 4.176.425 Lire, a fronte di 3.614.897 Lire di introiti stimati.
Per risolvere tale grave problema venne istituita una specifica Commissione la quale, fra i tanti provvedimenti, adottò la famosa Legge sulle finestre.
Si trattava di una tassa, anzi, di un "contributo patriottico" da versarsi una tantum, a cui erano soggetti i proprietari di qualunque casa, in base al numero di finestre di pertinenza.
Sotto le cinque finestre si era esentati; poi la tassa era progressiva, passando da 1 Lira a finestra per le case con poche aperture, fino a 60 Lire per quelle che ne avevano più di cinquanta. Il maximum era fissato a 6.000 Lire per la città e 4.000 per borghi e "villeggiature".
Erano soggetti all'imposta anche monasteri e conventi tranne i Francescani e gli Agostiniani scalzi, le Capuccine e le Battistine e fu stabilito che nessun convento fosse costretto a versare più di 400 Lire, a prescindere dal numero di finestre. Esclusi anche gli ospedali, l'Albergo dei Poveri ed i conservatori.
Il provvedimento, ovviamente, colpiva maggiormente i nobili, così molti di loro decisero di tamponare alcune finestre delle proprie residenze, non tanto per risparmiare su una o due aperture in meno ma per far sì che il numero totale di esse in ciascun edificio fosse tale da rientrare in un'aliquota più bassa.
Per non compromettere l'estetica dei palazzi, gli aditi vennero sostituiti con affreschi, trompe-l'œil che riproducevano persiane, vetrate o inferriate, perfettamente inseriti nei prospetti e nell'equilibrio architettonico delle facciate.

Paola Spinola

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