I Boccanegra e la loro influenza politica in città
La famiglia dei Boccanegra fu di nobiltà recente ma ugualmente importanti per la storia della città.
Originari della Val Bisagno, e abili mercanti, rappresenteranno il casato anche del primo doge genovese, nel 1339. La loro influenza politica cominciò nel 1257 quando Guglielmo ricoprì la carica di Capitano del Popolo. Il periodo storico non era dei migliori, Genova navigava a vista a causa di una forte crisi economica che aveva portato la caduta della moneta e la crisi del credito. Ad aggravare il tutto vi è la sconfitta di Sant’Igia in Sardegna del 1257 e il disastro di Acri del 1258, in cui i genovesi vengono sconfitti dalla flotta veneziana. Dietro queste sconfitte si accusa una mancata collaborazione tra Capitano e cittadinanza, che pare non avesse supportato con uomini e materiale adeguati la missione. Per questo motivo nei primi anni di mandato cercò di sanare la situazione, attuando riforme volte soprattutto a tutelare gli artigiani, il ceto popolare e la piccola borghesia, di cui anche lui faceva parte. Il suo programma di organizzazione ha come obiettivo il bene comune, il benestare di tutta una comunità. Intanto nel 1259 ha guadagnato consenso popolare e appoggio da parte dei nobili Mascherati, mentre i Rampini vengono messi al bando, Guglielmo si insedia nel palazzo di uno dei suoi capi Opizzo Fieschi. Arrivando poi al 1260, in cui decise di dare una svolta alle sorti della città: egli si impegnò ad elaborare il Trattato di Ninfeo, il 13 marzo 1261, insieme a Michele VIII Paleologo, che aprì ai genovesi tutte le aree dell’Impero, con esenzione totale per i diritti di entrata e di uscita di tutte le merci mentre i porti dell’impero sarebbero stati chiusi a tutti i nemici dei genovesi, quindi prima di tutto ai veneziani. I genovesi, avendo aiutato nella riconquista greca di Costantinopoli prestando la loro flotta, ottengono la fortezza veneziana, la Chiesa di Santa Maria e la città di Smirne, stabilendo quartieri anche nelle isole di Chio e Lesbo. Da questa escalation di eventi si arriva anche alla caduta di Costantinopoli; il generale bizantino Strategopulo appiccò il fuoco ai quartieri veneziani in città, e questa passò alla storia come la Vendetta di Acri. Così i genovesi occupano Costantinopoli, portando via alcune pietre che ancora oggi adornano Palazzo San Giorgio (altro lavoro di Boccanegra) e si insediano nelle vecchie aree di dominio veneziano. Una nuova occasione apripista per Genova: infatti il trattato di Ninfeo aprì le porte del Mar Nero. Un nodo strategico politico, economico e militare e il centro guida di tutto il sistema è rappresentato dalla penisola di Crimea.
Tuttavia però la gloria espansionistica di Guglielmo ebbe vita breve, infatti quando il 5 maggio del 1262 Ansaldo D'Oria - membro della grande fazione dei Mascherati - porta a Genova le notizie di Costantinopoli, e alcune pietre del palazzo veneziano – come pegno di vittoria - che verranno murate nel palazzo S. Giorgio. Nel frattempo è in atto una congiura operata dai Grimaldi contro il Capitano. Quest’ultimo ha pensato di intervenire anzitempo facendo arrestare i congiurati e chiamando rinforzi, ma il tentativo fallisce. Così il 9 maggio insorgono in armi i congiurati, sbarrano le porte della città; e Boccanegra risponde con i suoi, concentrando ottocento uomini in piazza Fossatello, si accinge ad attaccare il palazzo Grimaldi; Dopo poco Boccanegra si arrende alla folla insorta e viene mandato in esilio in Francia. Tutti i suoi beni vengono confiscati dal nuovo governo genovese, ma in Francia ha amici come Alfonso di Poitiers che tramite numerose lettere a Genova, chiederà la restituzione dei beni dell’amico, invano.
Durante l’esilio in Francia Guglielmo venne incaricato da re Luigi IX di sovraintendere i lavori per le fortificazioni e del porto. Purtroppo però Boccanegra morì prima di vedere la fine dell’opera.
Nell'immagine Guglielmo Boccanegra raffigurato sulla facciata di Palazzo San Giorgio, di cui promosse la costruzione.
Francesca Galleano