Due grandissimi interpreti, una autrice di grande intelligenza ed eleganza. Questa la miscela esplosiva di Pour un oui ou pour un non, titolo ambiguo che non si può semplicemente tradurre con Per un sì o per un no – è solo apparente la specularità tra italiano e francese – poiché in realtà significa molto di più. “Per un sì o per un no” è quel nulla che può cambiare tutto, quel piccolo dettaglio che provoca lacerazioni profonde, ferite insanabili.
Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi della seconda metà del Novecento e che ha occupato un posto importante nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e teatro del quotidiano, gioca sapientemente con l’ambiguità delle parole, con il detto e il non-detto. Ecco allora due vecchi amici, ritrovarsi, e sfidarsi in punta di fioretto, tra provocazioni, malintesi, toni ambigui. Dopo un lungo e non motivato distacco, si interrogano sulla loro separazione, per scoprire che sono stati proprio i silenzi e le ambiguità delle “intonazioni” a deformare la loro comunicazione aprendola a significati multipli e variati.
La parola, questa potente arma, viene giocata in tutte le sue sfumature. Per incontrarsi e allontanarsi, per colpire o affascinare, per distruggere o salvare: ogni “intonazione”, fa capire Serraute, può essere variamente interpretata dalla disposizione d’animo di chi l’ascolta. La scrittura agile e precisa, tagliente e profonda della Sarraute, è un banco di prova per due maestri della parola quali Franco Branciaroli e Umberto Orsini, che si ritrovano sulla scena dopo anni per dare vita, con la loro abilità attorale, a un terribile gioco al massacro. A guidare questo gioco è uno dei maestri indiscussi dello spettacolo, Pier Luigi Pizzi, che ritorna al suo antico amore per la prosa dopo tante regie nei teatri d’opera di tutto il mondo
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