Prende le mosse dal libro Liberi tutti di Pietro Grasso la drammaturgia che Francesco Niccolini e Margherita Rubino hanno creato per Dopo il silenzio. Lo spettacolo, diretto con mano sicura da Alessio Pizzech, è affidato a due attori di razza come Elisabetta Pozzi e Sebastiano Lo Monaco, cui si affianca il giovane Turi Moricca, ed è l’ideale seguito di un’altra significativa esperienza, quel Per non morire di mafia che è stato a lungo presente sui palcoscenici italiani. Dopo il silenzio, che debuttò al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 2013, è frutto di una collaborazione tra una figura rigorosa come il Presidente del Senato Pietro Grasso e uno dei più interessanti drammaturghi italiani, Francesco Niccolini. Parte da vicende reali, biografiche dell’allora procuratore antimafia per diventare presto non solo la storia di un uomo e una donna ma anche di un confronto tra generazioni diverse: uno spettacolo che tocca temi filosofici, storici, sociali, senza mai perdere di vista un’accorata umanità. Stato e antistato, magistrati e criminali si confrontano e si parlano: come in una tragedia classica si discute di diritto, di morale, di giustizia e di violenza.
«In questo caso – scriveva Alessio Pizzech presentando il lavoro – il palcoscenico è il luogo della Storia, di una storia collettiva che attraversa le piccole vicende personali di ognuno di noi e che quindi può in sé contenere le fondamenta di un possibile ri-orientamento nazionale. Anche in Dopo il silenzio la parola teatrale è strumento di indagine della Storia di un paese, l’Italia, che coincide, si scontra talora, diverge e poi trova punti di contatto con la storia della mafia con i suoi addentellati politico/economici, con il suo ribaltamento valoriale che si è unito a un imbarbarimento dei costumi e della vita pubblica».
Dopo il silenzio, fatto di dialoghi semplici e monologhi efficacissimi, si proietta in una tragedia del contemporaneo che evoca la Sicilia quanto il Nord Italia, e si snoda attorno al confronto tra generazioni: superare il silenzio omertoso, ascoltare i giovani vuol dire pensare a un futuro diverso, dove poter urlare “Liberi tutti” dalla violenza mafiosa. Dove la parola speranza possa non essere più bandita.
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