I nasi di Palazzo Lercari

Il portone di Palazzo Lercari in Strada Nuova è decorato con due telamoni che presentano una particolare caratteristica: sono privi del naso. Non si tratta di una mancanza dovuta ad un atto vandalico o alla consunzione portata dal trascorrere del tempo, poiché le due statue, opera di Taddeo Carlone, furono realizzate proprio in questo modo, quale omaggio da parte del committente verso un suo illustre antenato.


La leggenda ci racconta l'impresa di Megollo Lercari, nobile mercante genovese vissuto tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo. Verso il 1314 Megollo era ospite presso la corte di Alessio II a Trebisonda e venne sfidato in una partita a scacchi da Andronico, un cortigiano dell'imperatore. Durante la partita Megollo dovette subire le offese e gli sberleffi di Andronico e quando chiese soddisfazione al sovrano, questi prese le difese del suo cortigiano.
Così Megollo tornò a Genova, armò due galee ed iniziò, come forma di rappresaglia per l'affronto subito, a razziare e depredare le navi mercantili dirette a Trebisonda e a sottoporre gli equipaggi al taglio di naso e orecchie che venivano conservati in salamoia.
La ritorsione ebbe fine solo quando Megollo decise di far recapitare ad Alessio II un barile colmo di nasi e orecchi amputati.
Intimorito per tanta audacia, il sovrano decise di consegnare Andronico al Lercari, il quale, tuttavia, lo congedò con un calcio sulle terga e pronunciando la frase, divenuta celebre, "I genovesi non maltrattano le donne" (Andronico era un eunuco).
La storia della partita a scacchi e delle offese di Andronico sono quasi certamente una leggenda, visto che l'unica fonte in cui l'episodio viene citato è una lettera dell'annalista Bartolomeo Senarega, quasi due secoli più tardi. Tuttavia l'aneddoto ci testimonia qual era lo spirito dei genovesi dell'epoca, disposti a ricorrere a qualunque mezzo, dalla pirateria alle più cruente rappresaglie, per perseguire i propri scopi e difendere i propri interessi.

Paola Spinola

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