Sampierdarena
Fino al XII secolo nella zona dell'attuale quartiere esistevano solo piccoli nuclei abitati da pescatori e contadini, tra i quali il borgo sorto attorno ad una piccola cappella, dove secondo la tradizione nel 725 sarebbe transitato il re longobardo Liutprando con le reliquie di Sant'Agostino.
Si ritiene che questa chiesetta fosse in origine dedicata a San Pietro, in seguito intitolata Sant'Agostino ed oggi compresa all'interno del complesso di Santa Maria della Cella, costruito nel 1253.
Con l'aumentare della popolazione, il 2 febbraio 1131 il borgo, con il nome di "Sancto Petro de Arena", ottenne dignità di centro urbano ed una certa autonomia amministrativa, con la costituzione del Comune, retto da tre consoli, restando comunque di fatto sotto la giurisdizione della vicina Genova.
Altri nuclei abitati nel territorio sampierdarenese erano quello della Coscia, con un approdo riparato a ridosso del promontorio di San Benigno, quello formato dalle poche case attorno all'antica pieve di San Martino, nella zona del Campaccio (attuale Campasso), il Canto, a ponente, che comprendeva anche la zona allora disabitata detta "Sciummæa", alla foce del Polcevera (oggi Fiumara) e i piccoli nuclei rurali sulle colline di Promontorio e Belvedere.
Dalla fine del XII secolo alla tradizionale attività della pesca si affiancò quella delle costruzioni navali, che diede un grande impulso allo sviluppo dell'economia locale; i cantieri navali sampierdarenesi, che potevano usufruire di "una piaggia lunga un grosso miglio, tanto comoda al varar delle navi, che non potrebbe esser più", come ricordato sempre dal Giustiniani, raggiunsero un alto livello di specializzazione nella costruzione delle galee. In questi cantieri vennero costruite numerose navi su commissione delle famiglie Doria, Gattilusio, Lomellini, Mallone e Usodimaretra cui alcune di quelle utilizzate per la crociata indetta nel 1248 dal re Luigi IX di Francia e molte di quelle che presero parte alla battaglia della Meloria, nel 1284.
Al successivo sviluppo contribuì anche l'insediamento nella zona di ordini religiosi: agostiniani a S. Maria della Cella e S. Maria di Belvedere, benedettini nella vicina abbazia di San Benigno, vallombrosani a S. Bartolomeo del Fossato e S. Bartolomeo di Promontorio.
Il borgo e la spiaggia di Sampierdarena erano particolarmente vulnerabili ad incursioni dal mare da parte dei pirati saraceni. L'intera area di Sampierdarena rimase sempre esterna alle mura di Genova, ma tra XII e XIII secolo il governo della repubblica fece costruire lungo la costa alcune torri, sia a difesa del borgo sia per evitare che eventuali assalitori giunti dal mare potessero costituire sulla spiaggia una testa di ponte alle porte di Genova.
Per l'assenza di notizie storiche documentate non si conosce quante fossero in origine le torri di difesa del litorale: secondo la tradizione sarebbero state sette; poste a circa 300 metri l'una dall'altra, coprivano l'intero litorale tra Capo di Faro e la foce del Polcevera. Le torri difensive pubbliche persero la loro funzione già nelXV secolo e nel tempo vennero in parte demolite o inglobate in edifici di epoca posteriore. Alcune sono ancora esistenti, sia pure non in buone condizioni di manutenzione, altre sono riconoscibili nella struttura degli edifici che le hanno inglobate, altre ancora sono del tutto scomparse e la loro esistenza resta documentata solo da vecchie stampe e fotografie ottocentesche; alcuni storici hanno ipotizzato l'esistenza di altre torri, ora scomparse, ma non ci sono documenti né resti murari che possano confermare questa ipotesi. Queste, da levante a ponente, sono le torri storicamente documentate, che si ritiene facessero parte della linea difensiva:
Torre di Capo di Faro, scomparsa, sorgeva nei pressi della Lanterna, sul lato rivolto verso Sampierdarena; appare solo in dipinti del XV e XVI secolo
Torre di villa Pallavicino, scomparsa, sorgeva accanto alla villa Pallavicini-Gardino; ancora esistente nell'Ottocento. Pur strutturalmente identica alle torri pubbliche, non è accertato chiaramente se fosse una di queste o una torre seicentesca di pertinenza della dimora nobiliare, data anche la vicinanza con la successiva torre del Labirinto.
Torre del Labirinto, ancora esistente, sia pur degradata, è comunque fra le meglio conservate; situata nel quartiere della Coscia, nascosta tra le case tra via Pietro Chiesa e piazza Barabino, è parzialmente visibile da quest'ultima. Il curioso nome deriva dall'intrico dei vicoli sui quali si innalzava.
Torre dei Frati, che prendeva nome dal vicino convento degli agostiniani di S. Maria della Cella, è inglobata in un caseggiato di via Sampierdarena ed è parzialmente visibile da via Buranello.
Torre del Comune, scomparsa, sorgeva su un piccolo promontorio, nel luogo dov'è oggi il palazzo comunale. Potrebbe risalire alla metà del Cinquecento la sua trasformazione in un piccolo fortilizio detto "il Castello", a pianta quadrata e con un cortile al centro, costruito per adeguare le difese costiere alle nuove tecniche militari, conseguenti all'invenzione della polvere da sparo ed al conseguente massiccio impiego di cannoni; l'edificio, che nel XVIII secolo ospitava le guardie della Sanità, nel 1852 venne demolito per realizzare la nuova sede comunale. Pochi resti sono inglobati nel lato a mare dell'edificio, nascosti alla vista da una costruzione addossata al palazzo.
Torre del Canto, in via Bombrini, prende il nome dal rione del Canto, nella zona di ponente del quartiere, prossima all'area della Fiumara. Inglobata in un edificio industriale oggi adibito ad uffici, profondamente rimaneggiata e svuotata al suo interno, è stata trasformata nel vano di un montacarichi. Con la recente riqualificazione dell'area industriale della Fiumara, anche la torre è stata restaurata.
Oltre a queste alcuni storici ipotizzano l'esistenza di una torre nella zona della "Crosa dei Buoi" (oggi via Stefano Canzio, tra la piazza Vittorio Veneto e via San Pier d'Arena) e di un'altra alla foce del Polcevera, ma senza elementi a supporto di questa teoria.
A quell'epoca veniva a prendere forma l'assetto urbanistico della cittadina, caratterizzato dalle ville e dagli insediamenti sorti a servizio di queste, oltre che dalle abitazioni più popolari, che formano, come ben evidenziato dal dipinto di Cristoforo Grassi Veduta di Genova nell'anno 1481, una lunga ed ininterrotta palazzata lungo il litorale, quella che ancora oggi costituisce il lato a monte a di via S. Pier d'Arena, alle cui spalle si distinguono le ville con i loro giardini, disposte in lotti regolari lungo la via principale.
Nello stesso dipinto si individuano le vie principali, dirette a ponente e in val Polcevera, quelle che nei secoli seguenti avrebbero fatto di Sampierdarena un importante snodo stradale, ma che a quell’epoca avevano solo una funzione locale, mentre ancora le vie di comunicazione principali passavano sulle retrostanti colline.
Lo sviluppo delle ville proseguì, anche se in misura minore, nel XVI e XVIII secolo ed ebbe praticamente termine con la discesa in Italia di Napoleone e la fine, nel 1797, della Repubblica di Genova, che ribattezzata Repubblica Ligure passò di fatto sotto il controllo della Francia repubblicana. Già con l'assedio del 1747Sampierdarena, che si trovava fuori dalle mura cittadine, aveva subito gravi danni per l'occupazione austriaca. Con la nuova occupazione napoleonica del 1797 molte ville vennero trasformate in presidi militari subendo un inevitabile degrado.
La Repubblica Ligure napoleonica, annessa nel 1805 all'Impero francese, nel 1814, a seguito delle decisioni del Congresso di Vienna passò al Regno di Sardegna, e con essa anche il comune di San Pier d'Arena.
L'assetto urbanistico ed economico descritto dal Casalis era in rapida evoluzione ed avrebbe subito importanti cambiamenti proprio a partire da quegli stessi anni: già con l'amministrazione napoleonica nei primi anni dell’Ottocento aveva iniziato a delinearsi la moderna struttura viaria, con l'apertura lungo il fronte a mare di quella che sarebbe divenuta pochi anni dopo la "Strada Reale per Torino", che proseguiva poi nella val Polcevera sul percorso della più antica "Strada Camblasia", aperta nel 1777 dal doge G.B. Cambiaso. Via Cristoforo Colombo, la nuova strada che costeggiava la spiaggia, oggi via S. Pier d'Arena, sostituiva il più angusto percorso formato dalle attuali vie Dottesio e Daste. Lungo questa via, nei pressi dell’antico nucleo della Cella sorse sui resti del castello cinquecentesco il nuovo centro civico del comune.
Nel 1853 veniva realizzata la ferrovia Torino-Genova che su un lungo viadotto ad archi attraversa l'intero quartiere da levante a ponente, in una posizione intermedia tra i due assi viari, interessando l'area già occupata dai giardini delle ville. Pochi anni dopo, parallelamente alla ferrovia veniva realizzato un nuovo asse stradale (già via Vittorio Emanuele, oggi via Giacomo Buranello), che divenne il nuovo centro commerciale del borgo; tutta l'area circostante fu in breve tempo interessata dallo sviluppo edilizio, determinando lo spostamento a monte del centro urbano.
L'apertura delle nuove strade e della linea ferroviaria ponevano le premesse per il definitivo sviluppo industriale della zona e dei traffici portuali; il progetto di ampliamento del porto, presentato la prima volta nel 1874, sarebbe stato però realizzato solo negli anni trenta del Novecento.
Già all'inizio dell'Ottocento vennero impiantate nella zona aziende manifatturiere di tipo tradizionale, come fabbriche tessili, molini, corderie, oleifici, saponifici e zuccherifici, ma la svolta avvenne alcuni decenni più tardi, con l'insediamento delle prime vere imprese industriali, legate alla lavorazione del ferro, prima fra tutte la fonderia in ghisa dei fratelli Joseph-Marie e Jean Balleydier, aperta nel 1832 alla Coscia. I fratelli Balleydier, savoiardi di Annecy, avevano impiantato una fonderia nell'Alta Savoia; nel 1832 il governo sabaudo concesse loro di trasferire l'attività a Genova, dove era più comodo l'approvvigionamento delle materie prime, che all'epoca provenivano quasi esclusivamente dall'isola d'Elba. Le nuove fabbriche occuparono parte delle antiche proprietà fondiarie delle ville, e molte delle stesse ville vennero adibite ad uffici e magazzini.
Queste prime aziende, a cui si opposero inutilmente gli ultimi rappresentanti dell'aristocrazia locale, legati alle rendite fondiarie e preoccupati per la perdita di valore dei terreni agricoli dovuta alla produzione di fumi, posero le premesse per il massiccio sviluppo industriale della seconda metà dell'Ottocento, quando Sampierdarena divenne uno dei maggiori centri manifatturieri italiani. Nel 1846 nasce nella zona della Fiumara la fabbrica meccanica Taylor e Prandi, per la costruzione di locomotive e materiale rotabile; nonostante le importanti commesse acquisite per la realizzazione delle ferrovie Torino-Genova e Genova-Voltri, per difficoltà economiche questa azienda andò in crisi pochi anni dopo la sua costituzione e nel 1853 grazie al sostegno del governo sabaudo guidato dal conte di Cavour venne rilevata da una cordata di imprenditori genovesi, formata da Carlo Bombrini, Raffaele Rubattino, Giacomo Filippo Penco e dal giovane ingegnere Giovanni Ansaldo, che ne assunse la direzione legandovi il suo nome: la Gio. Ansaldo & C., che acquisì in breve tempo una posizione preminente nel panorama dell'industria metalmeccanica nazionale, espandendo l'attività ad altri settori industriali ed aprendo nuovi stabilimenti anche a Cornigliano e Sestri Ponente.Nella fabbrica della Fiumara venne costruita dall'Ansaldo la prima locomotiva italiana: la FS 113, chiamata appunto "Sampierdarena".
Per la presenza dei suoi opifici Sampierdarena, che il 30 aprile 1865, grazie al suo sviluppo industriale, ottenne il riconoscimento di "Città del Regno", contese alla città piemontese di Biella il soprannome di "Manchester d'Italia". La popolazione, grazie alle industrie, ebbe un forte incremento, attirando anche maestranze specializzate, anche se, accanto alle nuove figure operaie restavano sopravvivevano attività tradizionali, come quelle legate alla pesca; ci fu anche uno sviluppo delle attività legate alla ristorazione e di quelle ricreative, come i numerosi stabilimenti balnearilungo la via Cristoforo Colombo, sede allora delle passeggiate domenicali degli abitanti.
La crescita delle industrie, con il massiccio aumento degli operai salariati, ebbe notevoli ricadute anche sul piano sociale, con l'aumento del flusso migratorio, la formazione di un piccolo ceto imprenditoriale legato all'indotto delle grandi industrie e, per la prima volta, l'impiego significativo di manodopera femminile, soprattutto nell'industria tessile e alimentare. Altra inevitabile conseguenza fu l'antagonismo sociale che opponeva imprenditori ed operai, che diede vita a società mutualistiche a difesa dei diritti dei lavoratori. La più antica di queste fu la "S.O.M.S. Universale Giuseppe Mazzini", fondata nel 1851 ed ancora oggi esistente, anche se solo con finalità ricreative e culturali. Nel 1872 Giovanni Bosco aprì a Sampierdarena uno dei primi Oratori salesiani, ancora oggi fra i più importanti d'Italia.
Nel 1915 venne inaugurato l'ospedale "Villa Scassi", costruito sui terreni del parco retrostante la villa Imperiale Scassi, oggi il terzo nosocomio di Genova. Il nuovo complesso sostituì il piccolo presidio ospedaliero ospitato dal 1874 nella villa Masnata, che fu il primo ospedale sampierdarenese in epoca moderna, divenuto però in pochi decenni insufficiente per le necessità di una popolazione in forte crescita; in precedenza l'ospedale di riferimento per Sampierdarena era quello genovese di Pammatone, troppo lontano per poter garantire un servizio adeguato agli abitanti della cittadina.
Con il Regio Decreto n. 74 del 14 gennaio 1926, il Comune di Genova si espandeva inglobando diciannove comuni della val Polcevera, della val Bisagno e delle due riviere, a levante e a ponente della città. Tra di essi il comune di San Pier d'Arena che entrò così a far parte della cosiddetta Grande Genova, perdendo dopo otto secoli la propria autonomia amministrativa.
L'annessione voluta dal regime fascista allora al potere fu vissuta dai sampierdarenesi come un vero e proprio declassamento da città industriale con una forte identità a quartiere periferico, identità che gli abitanti hanno continuato ad affermare orgogliosamente nel tempo: significativo a questo proposito che essi, al pari dei residenti in molti degli ex comuni integrati nella Grande Genova siano tuttora soliti dire "vado a Genova" per riferire l'intenzione di recarsi in centro città.
In quegli stessi anni il quartiere, con l’attuazione del piano di ampliamento del porto, approvato fin dal 1875 ma mai realizzato, perse la sua bella spiaggia sabbiosa. Nuovamente approvato il progetto nel 1927, i lavori vennero subito avviati e completati entro il 1936. I fondali antistanti il quartiere vennero interrati per costruire i nuovi moli, utilizzando i materiali ricavati dallo sbancamento del colle di San Benigno, attuato a partire dal 1929 per favorire il collegamento tra il centro di Genova, Sampierdarena e la costruenda "Autocamionale" e creare spazi utili alle attività portuali. Il nuovo bacino portuale, all'epoca intitolato a Benito Mussolini (oggi "bacino di Sampierdarena"), comprendeva sei moli, tra la Lanterna e la foce del Polcevera, a cui furono attribuiti nomi ispirati alle conquiste coloniali italiane: da levante a ponente troviamo i "ponti" Etiopia,Eritrea, Somalia, Libia, intercalati dalle banchine Massaua, Mogadiscio, Tripoli, Bengasi e Derna; gli ultimi due moli a ponente sono oggi intitolati a Carlo Canepa e Nino Ronco
Nel 1935 fu inaugurata la "Camionale" (autostrada Genova-Serravalle), oggi integrata nell'Autostrada A7, la cui costruzione fu vista come una svolta epocale nel quadro dei collegamenti stradali tra il porto di Genova e l'entroterra padano. Sull'area ricavata dallo sbancamento del colle di San Benigno negli anni trenta vennero anche aperte nuove strade di scorrimento, via Cantore, a monte dell'antico nucleo urbano, lungomare Giuseppe Canepa, lungo la nuova cinta portuale e via di Francia, collegamento diretto con il quartiere di San Teodoro, aperto sull'area ricavata dallo sbancamento del colle. Con l'apertura di via Cantore venne a consolidarsi lo spostamento verso monte dei centri di interesse urbani.
Nel periodo bellico il quartiere ed il porto subirono diversi bombardamenti aerei che causarono gravi danni alle infrastrutture portuali e produttive e agli edifici pubblici e privati. Nel corso di questi attacchi aerei furono completamente distrutte la chiesa di San Gaetano (30 ottobre 1943) e l'antica abbazia di san Bartolomeo del Fossato (4 giugno 1944).
Dopo l'8 settembre 1943 il quartiere fu teatro di diversi episodi della lotta di liberazione, ad opera soprattutto del GAP (Gruppo di Azione Patriottica) comandato daGiacomo Buranello. Molti furono i partigiani attivi nella delegazione che pagarono con la vita la loro partecipazione alla Resistenza; ad essi sono oggi intitolate numerose strade del quartiere.
Nel secondo dopoguerra il fenomeno dell'immigrazione, in particolare dal sud Italia, portò ad un forte aumento della popolazione, che superò all’inizio degli anni sessanta i 60.000 abitanti; la conseguente espansione edilizia, per la mancanza di aree edificabili in prossimità dell'abitato storico si è sviluppata, spesso in modo disordinato, sulle retrostanti colline, con caseggiati anche di grandi dimensioni ma privi di spazi verdi, di servizi e di un'adeguata viabilità.
A partire dagli anni novanta si registra un nuovo significativo flusso migratorio, questa volta da paesi dell'America latina e dell'Europa orientale, che ha creato e continua a creare tuttora disagi dovuti alle difficoltà di integrazione sociale delle nuove comunità in una città che ha assunto sempre più un carattere multietnico, disagi che sfociano talvolta in problemi di ordine pubblico e per i quali forze politiche ed associazioni del quartiere sollecitano da tempo interventi. Attualmente la minoranza più consistente è quella Ecuadoriana.
Negli ultimi decenni del XX secolo sono stati avviati due importanti piani di risanamento urbanistico delle storiche aree industriali di Sampierdarena, che hanno visto coinvolte le zone della Coscia, a levante e della Fiumara, a ponente.
Risale al 1976 il primo progetto di trasformazione del tessuto urbanistico del quartiere della Coscia, che sorgeva ai piedi dello scomparso colle di San Benigno; la realizzazione del centro direzionale prende forma a partire dal 1981, con un accordo tra comune di Genova, autorità portuale e un consorzio di imprenditori privati. Approvato nel 1984 dopo un lungo iter burocratico il piano urbanistico fu avviata la costruzione di una serie di edifici destinati ad ospitare uffici ed aziende commerciali. La principale di queste moderne "torri" è, nell'area di Sampierdarena, quella del WTC, quarto edificio più alto di Genova, con 102 m (mentre il cosiddetto Matitone, che pure fa parte del complesso degli edifici di San Benigno, sorge invece nel quartiere di San Teodoro). La realizzazione del nuovo complesso, ancora oggi in via di completamento, ha comportato non solo la demolizione di vecchi edifici industriali ma anche delle antiche case del quartiere della Coscia.
La riqualificazione dell'area presso la foce del torrente Polcevera denominata Fiumara, lo storico sito della Taylor & Prandi, poi divenuta Ansaldo, che per oltre un secolo ha ospitato il cuore industriale del quartiere, fu avviata nel 2000. Il complesso industriale, sottoutilizzato già a partire dagli anni settanta, fu totalmente dismesso nel 1991. Con i lavori di riqualificazione, affidati dal comune a Coopsette, è stato realizzato un centro servizi, inaugurato il 28 marzo 2002, che comprende un centro commerciale con oltre 100 esercizi, un palasport, utilizzato anche per eventi musicali, un "centro divertimenti" comprendente un cinema multisala e tre edifici residenziali.
Occorre rilevare che secondo alcuni il centro servizi della Fiumara non si integra appieno al quartiere e ne lascia irrisolti i problemi sociali e ambientali, andando anzi ad incrementare il traffico già congestionato in quest'area di forte transito tra il centro di Genova, i quartieri del ponente e la val Polcevera.
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