Lo Stronzo

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Categoria
Spettacoli
Data
2 Febbraio 2018

LO STRONZO

 

Lo stronzo non è un pazzo, non è un border line, non è un tossico, non è violentato-violentatore. È un uomo normale che non ha alibi per giustificare quello che fa.

Al centro del palco c’è un’enorme porta chiusa. Lilli si è chiusa dentro e non vuole più uscire. Luca è infuriato e impotente di fronte al silenzio e all’assenza. Fino a poco prima sembrava tutto normale. Lille e Luca erano pronti per andare a festeggiare il decimo anniversario del loro matrimonio. Ma una parola sbagliata, una reazione scomposta, cambiano tutto. Lei si spaventa, si allontana e sbatte la porta. A nulla servono le imprecazioni prima e le preghiere poi per farla tornare.

Da qui comincia il difficile percorso di Luca alla ricerca di una chiave che possa aprire quella porta e  restituirgli la sua relazione. È solo, sperduto, arrabbiato, escluso, rifiutato, incapace di reagire. Il viaggio di Luca attraverserà tutte le fasi emotive possibili finché stremato dovrà ammettere di non essere in grado di tenere il passo con una Lilli che vuole vivere intensamente e completamente la propria vita a prescindere da lui e da chiunque altro. Luca, esasperato, colmo di sensi di colpa e frustrato da un’opprimente sensazione di inadeguatezza, alla fine esprime tutta la sua rabbia e trova nell’aggressività l’unica valvola di sfogo, l’unico modo di uscire da quella situazione per lui insostenibile.

 

Cosa può portare un uomo a commettere atti di atroce violenza su una donna? Da dove arriva questa aggressività incontrollabile che, la maggior parte delle volte, si sfoga proprio tra le mura domestiche, sulle persone più vicine, sulle moglie, le compagne, le figlie? Attraverso un lungo percorso di ricerca e documentazione ho cercato il luogo dove trova terreno fertile quella rabbia inspiegabile, quella violenza terrificante. Mi sono immaginato un uomo tranquillo, un uomo comune. Ho cercato di costruire un personaggio senza alcuna specifica particolarità: un uomo senza alcun trauma infantile specifico, senza alcun esempio di uomo aggressivo in famiglia. Poi l’ho inserito in un contesto lavorativo di successo e soddisfazione. Poi gli ho assegnato una lunga e felice storia d’amore con Lilli, la sua compagna di sempre, ed è qui che ho cercato di sperimentare più profondamente il suo essere maschio, uomo, marito. Ho poi messo Luca in una situazione stressante che lo portasse a scontrarsi con tutte le proprie certezze e le proprie forme culturali. Ne è venuto fuori un viaggio massacrante in cui ogni caratteristica del maschile viene fatta a pezzi, ridicolizzata, banalizzata al punto da non risultare solo obsoleta, ma anche inutile e inconsistente. Arrivato a questo punto di consapevolezza e messo alle strette da una moglie che se ne vuole andare, Luca ha solo due possibilità: arrendersi e cercare di ricostruire un sé maschile differente e nuovo e personale oppure richiudersi, irrigidirsi, rifiutare l’evoluzione e scacciare ogni dubbio, ogni possibilità di cambiamento e crescita compiendo il gesto estremo e risolutivo. Decide di eliminare ciò che lo fa sentire inadeguato. Luca sceglie la violenza. Una sconfitta per ognuno di noi, una vergogna per ogni uomo. Mi piacerebbe che usciti da teatro gli uomini ripensassero a tutti quei piccoli gesti quotidiani in cui il loro essere e sentirsi uomini prevede in qualche modo l’umiliazione o l’oppressione dell’essere femmina. Mi piacerebbe che le donne uscendo da teatro riconoscessero di essere ferite un poco ogni giorno e non lo permettessero più a nessuno.

 

 

 
 

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  • 2 Febbraio 2018

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