Ancora i Boccanegra al centro della scena politica: il primo Doge

Alla fine del 1200 Genova è dilaniata dagli scontri tra Rampini e Mascherati, equivalenti ai guelfi e ghibellini toscani.

Nel 1296 ci fu una feroce battaglia in città; si combatté per giorni nelle strade, finché i Rampini non vennero assediati e intrappolati all’interno della cattedrale di San Lorenzo. Questi disordini proseguirono anche nel 1300. I Rampini si arroccano in Riviera, i Grimaldi a Monaco e a Sestri Levante, i Fieschi nei loro feudi. In città restarono i Mascherati che si arrogarono il diritto di eleggere l’Abate e i Capitani del Popolo, che per due anni saranno Raffaele Doria e Galeotto Spinola.

L’elezione dell’Abate dimostrò una totale noncuranza dell’interesse popolare e questo portò ad un’insurrezione per mettere fine all’egemonia dei Mascherati. L’iniziativa cominciò dai savonesi, scontenti dei soprusi del Capitano Antonio Doria e del re di Francia, nei confronti dei marinai liguri, e poi dilagò anche a Genova. In città i genovesi rivendicarono “il loro Abate”; 20 delegati popolari si riunirono nel Palazzo del Comune, quando una voce cominciò ad urlare il nome di Simone. Seguirono altri a fare da eco. Quel Simone che tutti invocarono era Simone Boccanegra; egli inizialmente rifiutò e poi, acclamato a furor di popolo, accettò addirittura il ruolo di Doge, venendo poi condotto a festa nella Chiesa di San Siro.

Così Simone Boccanegra, nel 1339, per espressa volontà popolare diede inizio al periodo dogale.

Lui era nipote del Capitano del Popolo Boccanegra del 1257 e assunse un potere che fu già quello dei Capitani. Il dogato, agli esordi, è piuttosto improvvisato, ne sono esclusi i nobili e il potere è diviso tra il Podestà, il Consiglio degli Anziani e il Doge, che rappresenta la centralità e il riferimento del potere. Il dogato di Boccanegra fu di tipo perpetuo ed egli stabilì che nessun nobile potesse assumere questa carica. L’attività di Boccanegra vide molti nemici e ostilità a causa delle sue riforme che prevedevano l’esclusione totale dei nobili dalla vita politica. In più di un’occasione fu attentato alla sua vita; nel 1340 un gruppo di nobili genovesi e un macellaio organizzarono una congiura contro il Doge, ma vennero scoperti e condannati al taglio della testa e affidati al boia. Temendo per la propria incolumità Simone decise di dotarsi di un nutrito gruppo di guardie del corpo: 103 cavalieri pisani.

Nel 1341 ci fu un nuovo tentativo di colpo di stato da parte del marchese di Finale Giorgio del Carretto; anche in questo caso Simone se la cavò e l’insorto venne arrestato.

Durante il suo dogato mostrò capacità nel curare rapporti con gli esteri; infatti mandò una serie di galee genovesi in soccorso di Alfonso XI di Castiglia, minacciato dai saraceni. La spedizione venne affidata al fratello di Simone, Egidio Boccanegra. La flotta genovese ottenne risultati ad Algeciras e poi nella strategica Caffa, porta d’accesso al Mar Nero. Tuttavia in città le pressioni dei nobili sono sempre più insistenti. Così Simone cercò un compromesso, consentendo loro di accedere al Consiglio ma disarmati. Questa richiesta non venne accolta e Simone venne accerchiato, tanto che si ritrovò costretto a rinunciare al titolo dogale nel 1344, rifugiandosi a Pisa.

Il suo tempo però non era ancora finito. Nel 1356 Genova era in mano ai Visconti e in città si respirava un forte malcontento generale. Così Simone decise di tornare alla ribalta, andò a Milano dai Visconti assicurando loro appoggio e poi si recò a Genova e organizzò una rivolta a Palazzo Ducale. Accolto dal popolo si riprese presto il titolo e riprese anche la linea politica intrapresa precedentemente.  Ancora una volta revoca la possibilità di cariche ai nobili, in favore invece dei popolani, stabilisce il dominio sulla Corsica e governa ancora per sette anni, tra sdegno e ammirazione. Infatti poi susciterà malcontento anche da parte dei popolani a causa delle imposte elevate e del suo eccessivo sfarzo, non gradito alla popolazione.

Infine il 3 marzo 1363 capitò di accogliere a Genova il re di Cipro, tale Pietro Marcello che cercò alleanze per combattere contro i turchi. Per l’occasione venne preparato un grande banchetto, a cui partecipò anche Boccanegra. Si festeggiò tutta la notte e quando il Doge si ritirò nelle sue stanze, cominciò ad avere forti dolori e morì poche ore dopo, probabilmente avvelenato.

La figura del Doge a Genova è di grande rilevanza storica. Quando Simone venne portato in trionfo nel 1339, il corteo andò dalla Chiesa di San Siro alla sua abitazione. Casa sua è infatti ancora visibile, in via della Maddalena e in sua prossimità si trova una piazzetta a lui dedicata.

 

Nella foto: Monumento sepolcrale a Simone Boccanegra. Museo Sant’Agostino. Genova.

 

Francesca Galleano

 

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