Andrea Doria e Dragut

Nel percorrere le vicende dei Doria e della sua figura più di spicco, non si può non soffermarsi sull’accesa rivalità che, in quel periodo, aveva come sfondo le acque del Mediterraneo: la sfida tra Andrea Doria e Dragut, il cui ricordo è rievocato dall’opera che andiamo a raccontare.

Nel salone dei Giganti di Palazzo del Principe è presente un dipinto di William Key intitolato “Ritratto di Andrea Doria con il gatto”. Nel quadro si nota la figura dell’ammiraglio, ormai anziano e lontano dalle imprese per cui viene ricordato, in compagnia di un grande gatto rosso tigrato, che scopriremo chiamarsi Dragut. Il Doria guarda lo spettatore con occhi straniti, un viso stanco ma sempre dignitoso. Il gatto di fronte a lui invece, appare maestoso, giovane e nel pieno delle forze. Tra i due si percepisce un’evidente tensione.

La scelta del nome Dragut ne spiega il perché. Un navigante di nome Dragut era stato uno dei più difficili rivali dell’ammiraglio, feroce, astuto e grande stratega.

“Andrea Doria con il gatto” dipinto a Palzzo del Principe.

Infatti nel 1540 l’ammiraglio fu impegnato in alcune attività navali volte a frenare le incursioni dei corsari ottomani.

Durante una di queste operazioni, l’erede di Andrea Doria, Giannettino, riuscì a catturare uno dei più feroci e audaci pirati saraceni, Dragut, temibile a tal punto che proprio l’imperatore Carlo V aveva incaricato Andrea Doria di catturarlo. I due si conoscevano da tempo, si erano già sfidati in battaglie, legati da una stima e un rispetto reciproco, un vero e proprio confronto tra pari.

Quando il pirata venne tratto a Genova, i due si incontrarono sulla nave “Invincibile” che l’aveva condotto in città. Il Doria, quando lo riconobbe, disse “Spiacente signor Dragut, usanze di guerra” e Dragut rispose “Mutanze di fortuna”, testimonianza della stima che legava i due.

La permanenza di Dragut a Genova non fu affatto piacevole: per quattro anni venne utilizzato come rematore nella nave ammiraglia di Andrea Doria e poi venduto come schiavo. Tuttavia, venne infine riscattato dal suo capo e amico Khayr al-Din Barbarossa.

Il dipinto quindi riporta il fedele gatto dell’ammiraglio, caratteristico nella storia proprio per il suo nome, simbolo forse di affetto, ricordo e stima per un degno rivale da sfidare nel Mediterraneo.

 

Francesca Galleano

 

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