La moda delle ville tra i nobili

Genova vive di gloria e prestigio durante il cosiddetto “Secolo dei genovesi”. Nel capoluogo ligure si concentrano le famiglie più ricche in assoluto, avide e sempre alla costante ricerca di denaro e privilegi.

Nella foto: Facciata di Villa di Negro dello Scoglietto.

I nobili genovesi hanno ben chiari i principi del vivere bene, del godere al massimo del proprio prestigio e delle proprie disponibilità economiche. Per farlo hanno bisogno, non solo dei maestosi palazzi visibili ancora oggi, ma anche di ville, sul mare e non, residenze extraurbane di straordinaria bellezza, spesso luoghi di villeggiatura estiva e quasi mai abitazioni fisse.

L’area preferita all’inizio del ‘500 è la “magnifica et amena” zona di Albaro, in cui il mercato delle ville lievita a dismisura. La villa era un segno distintivo per le famiglie, possederne una conferiva grande prestigio alla casata, ed era occasione, come già per le residenze in città, di una sorta di competizione tra i nobili. Tutto ciò venne incrementato dalla diffusa moda della villeggiatura che aveva imposto alle famiglie di adeguarsi ad essa.

Emblematico fu il caso del perugino Galeazzo Alessi, uno degli artefici del rinnovamento architettonico genovese del ‘500. Egli infatti introdusse diverse novità a livello architettonico, portando alla ribalta edifici bassi a base quadrata o rettangolare, con all’interno ampi saloni, logge e copertura piramidale. Le aree più ricercate per la costruzione di questo tipo di edifici furono appunto Albaro e poi Sampierdarena che divenne, soprattutto nel ‘600, un vero e proprio centro di villeggiatura. Senza dimenticare quelle sorte invece tra Nervi e Quinto, a Cornigliano, nelle valli Polcevera e Bisagno. Alcune residenze sorsero anche nelle immediate vicinanze della città, come ad esempio la Villa di Andrea Doria nella zona di Fassolo, subito fuori la Porta di San Tommaso, la villa delle Peschiere, commissionata dal nobile Tobia Pallavicino nella zona di San Bartolomeo degli Armeni, o la vicina Villa Groppallo dello Zerbino, edificata per Giovanni Battista e Stefano Balbi. La moda delle ville non si esaurì certamente nel ‘500 ma proseguì anche nei secoli successivi. Tra le molte che ancora possiamo ammirare si ricordano la Villa Di Negro detta “dello Scoglietto” (1565), dal cui nome si evince la sua antica prossimità al mare, documentata anche dalle antiche stampe che descrivono il luogo, Villa Gruber De Mari, nel quartiere di Castelletto, risalente alla seconda metà del ‘500, e la vicina Villa Croce in Castelletto, edificata nel XVIII secolo. Un destino assai diverso ha afflitto la splendida Villa Grimaldi Sauli, costruita da Galeazzo Alessi a metà ‘500 per Ottaviano Grimaldi Cebà nella zona di San Vincenzo: nel XIX secolo fu elevata di quattro piani e suddivisa in appartamenti. Ormai irriconoscibile, di essa non restano che alcune incisioni ed un celebre quadro del Cambiaso, a testimonianza dell’antico splendore. Spostandoci verso Albaro troviamo Villa Saluzzo Bombrini, Villa Brignole – Sale dei primi ‘600 e, sul mare di Quarto, Villa Carrara e Villa Spinola D’Oria e D’Albertis.

Villa Saluzzo Bombrini, Albaro.

Percorrendo le vie della città si scorgono tantissimi altri esemplari del lussuoso passato nobiliare. La costruzione delle ville proseguì senza sosta fino all’800 inoltrato. Molte ville più recenti sono situate a Sampierdarena, e non si può non citare tra i maggiori esempi di bellezza della città il parco di Villa Durazzo Pallavicini, situato a Pegli e realizzato tra il 1840 e il 1846, riconosciuto nel 2017 come “Il Parco più bello d’Italia”.

 

Villa Grimaldi Sauli, nel celebre quadro di Pasquale Domenico Cambiaso

Tratto distintivo fu la ricerca della bellezza, in modo forse ossessivo e costante, per questo molti storsero il naso accusando i genovesi di eccessiva vanità e ipocrita avidità. Nonostante le critiche tutto questo ci ha permesso oggi di godere di un’infinita bellezza, distribuita equamente dalle Riviere al centro della città.

 

Francesca Galleano

 

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