Balilla
Balilla è uno dei figli più celebri della nostra città. Si tratta di un personaggio realmente esistito ma attorno al quale sono cresciuti non pochi miti, storicamente poco fondati.
Dicembre 1746: la Repubblica di Genova si trova coinvolta nella Guerra di Successione austriaca (1740-48) che la vedeva alleata a Francia, Spagna e Prussia contro Austria, Inghilterra, Paesi Bassi e Ducato di Savoia. Una guerra lunga, iniziata per decidere chi avvesse diritto ad occupare il trono dell'ormai vetusto Sacro Romano Impero e che, come spesso capitava, era diventata un pretesto per ridisegnare gli equilibri fra le grandi potenze europee del tempo.
Nel settembre di quel 1746 Genova, assediata dagli austriaci, si arrese all'esercito nemico. Furono imposte pesanti e umilianti condizioni di resa e nei mesi successivi gli austriaci spadroneggiarono per la città. Molti esponenti della nobiltà e dei ricchi ceti borghesi fuggirono, ogni attività commerciale si fermò e il popolo, abbandonato alla mercé degli invasori e sempre più affamato, decise di reagire.
L'episodio è ben noto: alcuni soldati austriaci stavano trascinando un mortaio attraverso il quartiere di Portoria, nel fango e sotto la pioggia battente, e alla richiesta di aiuto, intimata ai popolani presenti, questi risposero con una sassaiola a cui diede inizio un ragazzino.
Tale fatto è storicamente accertato perché tutti gli storici del tempo accennano espressamente all'episodio.
Giuseppe Maria Mecatti nella "Guerra di Genova", pubblicata a Napoli nel 1749 (tre anni dopo il fatto) scrive:
"I genovesi si scostarono in un subito dal carro, e uno di quei ragazzi senza far motto, raccolta una pietra, e rivolto a' compagni disse: "La rompo?". E sentendosi risposto tutto in un tempo: "Rompila", scagliò la pietra contro il sergente, o caporale, che si fosse, che aveva alzato il bastone".
La storia che tutti conosciamo, in realtà riporta un'altra frase, "Che linse?" ma stando agli storici Balilla non la pronunciò mai. Oltre al citato Mecatti, anche Giovan Francesco Doria nella sua "Storia di Genova", pubblicata a Leida nel 1750, e l'Accinelli, testimone oculare dell'episodio, nel suo "Compendio della Storia di Genova" del 1750, riportano la frase "La rompo?".
La frase "Che linse?" apparve solo un secolo più tardi, in un'edizione del 1851 del Compendio dell'Accinelli.
Mistero anche sull'identità del nostro, il cui nome non venne riportato da nessuno storico contemporaneo. Bisogna attendere il 1845 per trovare il nome di Giovan Battista Perasso di Montoggio, citato da Michele Canale nell'almanacco genovese "Omnibus". Questa esumazione storica a distanza di un secolo è quantomeno sospetta e va contestualizzata: la prima metà dell'Ottocento fu il lungo periodo che precedette il Risorgimento, i moti carbonari si susseguivano ovunque, tre anni dopo sarebbe scoppiata la Prima Guerra di Indipendenza. La retorica risorgimentale aveva bisogno di precursori, di modelli patriottici da additare a esempio, di paladini della Patria le cui gesta mostrassero la strada da seguire. Ma gli eroi hanno sempre un nome e da qui la necessità di trovarne uno per il nostro Balilla.
A noi importa poco di come si chiamasse in realtà. A Genova spesso ci si riferisce ai bambini con l’appellativo “Balin” (pallino) o “Balletta” e molto probabilmente questa è l’origine del soprannome Balilla. Ecco, per noi questo è il suo nome, un figetto, un balin, semplicemente un figlio della nostra città.
Un paio di curiosità
La figura del Balilla fu enfatizzata in chiave fortemente patriottica nel ventennio fascista anche attraverso la creazione dell'Opera Nazionale Balilla e usando il nome “Balilla” per una famosa automobile di fabbricazione italiana.
Il giovane Balilla viene citato ne Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, nella quarta strofa:
« I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla »
Nel 1846 nacque l’idea di dedicare un monumento alla figura del Balilla realizzata da Vincenzo Giani nel 1863, negli anni '50 fu smontata e portata a Palazzo Tursi per custodirla durante i lavori di demolizione e di ricostruzione del quartiere. Oggi possiamo ammirarla in piazza Portoria davanti al Palazzo del Tribunale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, sul monumento dedicato a Balilla in Portoria, una mano ignota scrisse:
“Chinn-a zù, che son torna chì”
Scendi giù, ché sono di nuovo qui.